2 maggio 2008

Era sempre lui a dirci come stava

Il saluto ad un caro amico e ad un grande collega

Era sempre lui a dirci come stava, a dettagliare, come se stesse redigendo un bollettino medico, il suo stato di salute. Lo faceva con la meticolosità di chi l’arte medica la conosce bene per le molte frequentazioni amicali e culturali e per averla saputa ben divulgare in anni e anni di onorata professione. Lo faceva con semplicità e ironia ma poi, per non metterci a disagio e quasi a ripagarsi e ripagarci della pena inflitta, ci conduceva per mano nei profondi meandri di una sconfinata memoria urbana fatta di persone e di affetti, di intrecci politici e culturali, dipanando con la maestria del narratore, anche le storie a prima vista inestricabili. Sapeva tutto di Siena, della sua politica e del suo giornalismo, perché conosceva davvero la città, quella alta e quella bassa, e perché conosceva i suoi polli, quelli ruspanti e quelli di allevamento, quelli che erano avvezzi a chinar la testa e quelli che sapevano tenerla dritta, senza ricorrere ai mutevoli giochi di prestigio. Negli ultimi tempi la sua proverbiale e sorridente ironia (autentica, perché poggiava sul pilastro dell’autoironia) aveva lasciato il posto ad una malinconia esistenziale. Sicuramente questo stato d’animo gli derivava dall’esser lui il narrante di una “Cronaca di una morte annunciata” - la sua - ma anche dal fatto che vedeva crescere smisuratamente la malapianta della mediocrità e sfiorire la passione civile. Ieri, Primo Maggio, non è stato più lui a dirci come stava. Nel silenzio se ne era andato, con il suo solito stile.

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