29 dicembre 2007

Il silenzio assordante della politica

UNA NAVE FERMA
Le pagine dei giornali sono piene di ricerche, sondaggi, articoli che ruotano attorno alla parola declino. “C’è grossa crisi” avrebbe detto, qualche anno fa, il Quelo televisivo di Corrado Guzzanti. L’Italia è in declino: a dirlo a voce alta è stato per primo il New York Times, ripreso e commentato da quasi tutti i politici e i politologi di casa nostra. D’altra parte già lo sostenevano le ricerche dei sociologi e dei vari esperti ( vedi i Rapporti del Censis e di Demos). Ora lo sancisce anche l’ultimo indicatore fornito da Eurostat, istituto di statistica europeo: la Spagna ha scavalcato l'Italia per potere di acquisto pro capite. e, tanto per gradire, anche la Banca Mondiale ha voluto dire la sua : nella classifica sul potere d'acquisto di 146 paesi nel mondo- calcolando Pil, tasso di cambio e inflazione- L'Italia è nona, superata da Russia e India.

Con un articolo su La Repubblica, Ilvo Diamanti si chiede che fine abbia fatto il Belpaese e se davvero sia così malridotto: “Non stiamo parlando di dati di realtà- scrive- ma di percezioni, atteggiamenti, sentimenti. Cioè, lo stesso. Perchè noi siamo ciò che ci sentiamo. E oggi ci sentiamo insicuri e sfiduciati. Soprattutto quando alziamo gli occhi e ci guardiamo intorno. Quando osserviamo il sistema politico, le istituzioni. La nave in cui siamo imbarcati, tutti insieme. Gli italiani non riescono più a coglierne la direzione, la rotta, la destinazione. Perché la vedono ferma”.

Ogni qual volta si cerca di capire i singoli atti della politica nazionale e locale, nel tentativo di inserirli in una visione più organica, cioè di capire come e perché si fanno le scelte, quello che balza subito agli occhi è l’assenza di una visione (missione) comune. Tutto è bigio; una scelta vale l’altra; ognuno predica inascoltato: più che produrre un’utile polifonia, la politica produce chiacchiericcio e frastuono. O assordanti silenzi. Le differenze ( l’Italia delle cento città, la Provincia delle tante terre) non sono più un utile elemento di differenziazione nell’unità ma si stanno trasformando in frantumazione locale e frammentazione sociale.

LE BOLLE ISTITUZIONALI
Ancora Ilvo Diamanti ha notato come ormai ci sia “una molteplicità di autonomie molto blindate e gelose dei loro confini”. Traduciamo: manca la politica come collante, come forza capace di unificare gli obbiettivi, definire le strategia e le tattiche per realizzarli. Le istituzioni, e coloro che le dirigono, appaiono come rinchiuse in una bolla autoreferenziale nella quale non stanno le cose del mondo ma fluttuano le pratiche e le sorti delle stesse istituzioni. Sta venendo meno la capacità di assumere posizione nette, sta venendo meno la capacità di decidere, come ha ricordato Veltroni proprio a Siena, sui problemi dei cittadini i quali finiscono per credere sempre meno nella politica e nelle istituzioni, In questo terreno è facile seminare forme populistiche di anti-politica, è facile far passare un interesse corporativo per interesse generale. In questo contesto sembrano vincenti coloro che trasformano la politica in gossip e in insulto.

Gli sforzi di tutti (o quasi) sono concretati su ciò che divide; nell’individuazione di totem contro i quali scagliare la propria delusione o la propria invidia o la propria rabbia. Di castigare questa o quella casta, magari dimenticandosi di far parte di una qualche casta. Ancora Diamanti:”Non c’è più la mobilitazione sui grandi temi di valore. Assistiamo ad una società che è forte nel suo piccolo, abbiamo mille proteste locali, un’energia che non riesce ad essere canalizzata…Siamo un paese che deve scrollarsi di dosso questa specie di scimmia della paura di ogni cosa nuova perché c’è l’idea che ogni cosa nuova che accade debba spaventare. Quando ci sono delle novità, se sono giuste, fanno bene a tutti. Il paese ha bisogno di ritrovare fiducia, serenità, speranza”.

IL PD E IL NARCISISMO DI MASSA
L’io è diventato il maggior peso per l’individuo, in una stagione come questa che sembra aver perso la bussola della dimensione pubblica. Lo si vede negli spazi urbani, lo si legge nelle topografie delle nuove città, lo si rileva nel declino- appunto- di ogni luogo che abbia una funzione pubblica. I santuari di oggi sono i centri commerciali che però, per dirla con Marc Augé, sono, guarda caso, non luoghi; spazi nei quali si appaga una sorta di “narcisismo di massa”. Questo atteggiamento ormai molto diffuso impedisce di distinguere ciò che appartiene alla sfera dell’io e dell’autogratificazione da ciò che è esterno. La gente è assorbita dalle vicende della propria esistenza e dalle emozioni personali come mai prima d’ora e prevale una sorta di visione intimistica della società.
In una siffatta stagione appare quanto mai salutare la nascita di un nuovo partito, il Pd, proprio per rompere il maleficio di una società che sta per mangiare la mela dell’antipolitica. E per far questo si sono impegnate per mesi e mesi tante energie individuali e collettive ( oltre quarantamila senesi hanno partecipato alle primarie). Ma questa fase sta diventando troppo lunga, troppo snervante, troppo piena di cose vecchie ammantante di parole nuove. Un nuovismo di maniera che, se praticato di vecchi e conosciuti militanti dei partiti che furono, suscita non pochi e ilari sorrisi. Se la nave appare ferma- per usare la metafora di Ilvo Diamanti- bisogna che i fuochisti tornino a gettare carbone nelle caldaie, che i nostromi districhino le pratiche di bordo e che gli ammiragli tornino a tracciare sulle mappe d’oggi la meta. Quando un governo annaspa come annaspa questo; quando i dati reali ( e non solo quelli percepiti) ci dicono di un paese in crisi; quando problemi vecchi e nuovi affollano anche le agende dei nostri amministratori ( ambiente e territorio, infrastrutture, politiche culturali e sociali) tutto si può fare tranne che chiamarsi fuori gioco, magari- appunto- in attesa del nuovo che non avanza. Tutto si può fare tranne che aspettare Godot.

PIE’ VELOCE E LA TARTARUGA
Se Berlusconi è piè veloce nell’inventarsi un partito o qualcosa che al partito rassomiglia, Veltroni è tartaruga nel rendere reale il Partito Democratico. Uno va veloce, troppo veloce anche perché sa che quando cambiano gli umori della pubblica opinione occorre esser svelti di testa e d’azione: così nell’Ottantanove intercettò i voti in libera uscita dopo la disfatta della DC e del PSI. L’altro va lento, troppo lento, rallentato forse dal peso degli apparati dei due partiti soci-fondatori.
Le differenze in questo modo di procedere derivano dal modo stesso di vedere la politica e la funzione dei partiti; sono cioè strettamente intrecciate a ciò che sta per nascere. A Roma come a Siena, dove sta per aprirsi una fase che dovrebbe portare a delineare i tratti politici e programmatici e la stessa struttura organizzativa del pd nella nostra provincia. Tutto ciò avverrà attraverso centinaia e centinaia di eventi, a partire dall’11 gennaio quando, nei gazebo dove si è votato per le primarie, saranno consegnati i certificati di socio fondatore.
Nelle interviste e nelle dichiarazioni Veltroni continua a sostenere l’ipotesi di un “partito liquido”, senza correnti, aperto alle lobby. Simone Bezzini, coordinatore provinciale, ha speso invece parole precise contro il cosiddetto “ partito leggero”, ribadendo che vanno individuate forme organizzative nuove per permettere di far partecipare i cittadini alla vita del partito. Quale progetto per Siena avrà questa forza? Occorrerebbero risposte chiare e urgenti. Perché la vita non si ferma in attesa della politica. Perché l’attesa di risposte si sta prolungando oltre ogni dire. Perché il silenzio della politica è ciò che fa davvero paura. Almeno a me.