7 gennaio 2008

Parla come mangi

Apro il giornale e vedo una lunga intervista di Stefano Bisi al coordinatore del nascente Partito democratico. Leggo il titolo e, da buon democratico, mi allarmo. Il Corriere titola: “Qui c’è chi non vuol far nascere il Pd”. Roba grossa, direbbe qualunque commentatore politico. Cerco di capire il perché e il per come si possa essere arrivati a tal punto di rottura: una diversa visione politica sullo sviluppo della città? Pareri divergenti sulla proposta di rivedere la legge sull’aborto? Idee contrapposte sull’attuale gestione del Policlinico? Niente di tutto ciò. Mi arrovello cercando di capire un po’ di più quali sia il reale contendere di questa disfida, come d’altronde fa lo stesso intervistatore, incalzando, come si dice in gergo, il dirigente politico. Ma Bezzini sintetizza così i motivi della crisi. Virgoletto ciò che è stato detto e scritto: “A Siena, la costruzione del Partito democratico è più complicata rispetto alle altre realtà della nostra provincia. La decisione di prevedere una doppia reggenza provvisoria degli attuali gruppi consiliari che fanno riferimento al Pd è avvenuta grazie a un accordo che ha visto tutti convergere sulla stessa posizione. Non nascondo che l’intesa non ha entusiasmato neanche me, ma è stata comunque un primo passo per andare nella giusta direzione. Trovo però sconcertante che, dopo pochi giorni, qualcuno abbia voluto riaprire la questione. La sensazione è che si stia lavorando per allargare le distanze piuttosto che ridurle, provocando così instabilità al quadro istituzionale e facendo del male alla città”.
Dunque, ricapitoliamo e traduciamo: Ds e Margherita non sono riusciti a mettersi d’accordo per costituire un unico gruppo consiliare al Comune di Siena e, in attesa di tempi migliori, hanno deciso di avere una doppia reggenza (un capogruppo per i Ds e uno della Margherita). Ma due galli in un pollaio così ristretto sono troppi e si sono subito messi a beccarsi. Così nasce un “nuovo” partito.
Nel leggere queste poche e nebulose righe, la mia scarsa memoria, ormai tutta giornalistica, mi ha indotto a rileggere una nota emessa qualche giorno prima dalla Margherita di Siena che chiudeva così: “Prendiamo atto, con rammarico, che i comportamenti successivi in sede istituzionale non sono stati conseguenti al percorso chiaramente delineato in sede politica. In considerazione di ciò, si invitano i livelli politici a una verifica puntuale di quanto già concordato per raggiungere gli obiettivi prefissati, richiamando tutti i soggetti coinvolti a non ostacolare, con atteggiamenti incomprensibili e pretestuosi, il cammino già avviato”.
Ho fatto un po’ di fatica ma, comparando i testi, sono riuscito a capire che non corre buon sangue, a Siena, tra gli ex Ds e gli ex Margherita e questi ultimi hanno, per primi, mosso le acque dopo l’accordo comunemente raggiunto. Ma su che cosa ci si stia dividendo non l’ho proprio capito. Almeno che non si tratti di qualcosa che non può esser detto pubblicamente e che quindi il vero contenuto del contendere sia conosciuto solo, come dice l’intervistatore, dai “frequentatori delle stanze”. Anche perché nell’assemblea pubblica che si è svolta qualche settimana addietro ai Mutilati tutti avevano osannato il “nuovo” che avanza e nessuno aveva fatto il minimo accenno alla latente crisi.
Se questa è la “nuova” politica del “nuovo” partito qualche dubbio in più s’avanza a chi già dubbi aveva. Se questo è il “nuovo” linguaggio della “nuova” classe politica consiglio, ai comunicanti, di rileggersi un libricino che molti, ma molti anni fa, quando dovevo comunicare la politica dei comunisti italiani, a me fu consigliato da Aurelio Ciacci: “Il lavoro culturale” di Luciano Bianciardi. A me, servì; perché mi insegnò a parlare come mangiavo.

2 commenti:

pank ha detto...

bel post, complimenti

milton ha detto...

ora è morto anche il ciacci...figuriamoci.